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Qual è il valore della provocazione nel 2025? Si badi bene, non quella ricca di pochezza di cui sono piene le bocche di opinionisti o chiunque altro sia in cerca di un titolo clickbait sui social. Parliamo della provocazione vera, quella che ti lascia «pieno di una domanda a cui non so rispondere».
È questo forse il tema più stimolante affrontato dal convegno dei Colloqui Fiorentini 2025, nelle conferenze tenutesi tra il 27 Febbraio e il 1° marzo a Firenze presso il Palazzo Wanny, impianto sportivo originariamente pensato per ospitare tornei di tennis ATP e pallavolo e in quest’occasione aperto a 2300 studenti provenienti dall’Italia e dall’estero. Quest’anno otto studenti del “Copernico” hanno preso parte al concorso, che rappresenta il cuore della rassegna, presentando due tesine a gruppi sul tema. Lo scopo del progetto, infatti, è quello di stimolare un incontro profondo tra il docente, gli studenti e l’operato di un autore italiano. La XXIV edizione ha proposto, dunque, una full immersion nella figura di Pier Paolo Pasolini, simbolo accertato di controversia (tanto che molti programmi di Lettere non lo comprendono), ribattezzato da uno dei gruppi come «Il Provocatore che non risponde». Negli incontri dell’evento, divisi in conferenze frontali durante le mattine – che hanno visto l’illustre partecipazione di noti esperti e divulgatori di Letteratura Italiana del calibro di Alessandro D’Avenia, Valerio Capasa e del Direttore dei Colloqui Pietro Baroni – e confronti detti seminari, aperti al dialogo tra partecipanti, nel pomeriggio, è stato possibile tracciare un fil rouge che accomunasse molte delle poliedriche opere di Pasolini. L’autore bolognese, che è stato poeta, romanziere, giornalista e regista, non ha, infatti, mai rinunciato alla provocazione come motore primo della riflessione umana, come strumento per scongiurare l’indifferenza e muovere verso una dimensione più personale del singolo, talvolta trattato come individuo parte di una società.
Davvero di grande portata rivoluzionaria la sua analisi sulla società dei consumi che, sviluppata negli anni ’70, vede la sua piena attualizzazione a più di 50 anni di distanza, proiettando la figura di Pasolini nel ristretto Olimpo di intellettuali che erano decenni avanti rispetto al proprio tempo. Non vi è Pasolini senza la provocazione, senza lo scabroso, senza il morboso. È, dunque emblematico che, durante uno dei seminari, discutendo del tema dell’omologazione per come teorizzata da Pasolini nei suoi Scritti Corsari, un ragazzo abbia detto la paradossale frase: «Noi dobbiamo tutti fare SCHIFO!». Potrebbe sembrare ilare, forse anche patetico, ma al contrario è questa la portata del messaggio pasoliniano, capace di far rendere conto di trovarci in una Scatola, limitati nella conoscenza, nell’originalità, nella libertà di espressione, ma senza fornire la chiave per scassinare un Sistema che pare opprimere silenziosamente chi vi abita dentro e al contempo spingendo chi veramente si interfaccia con le sue opere a ideare soluzioni al limite dell’irreale.
È anche questa la forza dei Colloqui: restando in metafora, permettono di uscire dalla Scatola del sistema scolastico tradizionale, che, nella sua macina di progetti di Orientamento, Educazione Civica, lezioni curricolari, valutazione e pressione per lo studio, non permetterebbe mai un incontro così viscerale con nessuno degli autori del programma canonico di Letteratura.
Un’esperienza così non può che lasciare un segno su chi la vive appieno.
[Giovanni Flaibani, 5DLSA]