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Sarà visitabile fino a 6 febbraio al primo e secondo piano del “Copernico” la mostra Le vite degli italiani. Partito nazionale fascista e controllo sociale in Friuli a cura di Martina Contessi, Paolo Ferrari, Alessandro Massignani, Marco Palla.
Promossa dall’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, in collaborazione con il Comune e l’Università degli studi di Udine, la mostra analizza l’attività svolta dal Partito nazionale fascista in Friuli durante il Ventennio. I 18 pannelli del percorso espositivo mostrano come il fascismo cercò di attuare uno stretto controllo sulle vite dei singoli, della loro attività lavorativa così come della vita quotidiana e del tempo libero. Oltre a identificare gli avversari, controllare ogni forma di dissenso ed escludere dalla vita sociale coloro che si ribellavano alle direttive impartite, il partito fascista svolse un’intensa opera di omologazione di comportamenti e valori, con capillari interventi sia nei centri maggiori che nelle località più marginali.
La mostra sarà accompagnata da una conferenza, rivolta agli allievi di alcune classi quinte dell’istituto, a cui parteciperanno Paolo Ferrari, docente di storia contemporanea presso l’ateneo friulano, e lo storico Massimo De Sabbata.
Come ha ricordato in una recente intervista Ferrari, «abbiamo cercato di ricostruire come il Pnf abbia controllato capillarmente la popolazione da un lato attraverso i fasci locali, presenti in ogni paese, che consentivano di seguire le attività dei potenziali oppositori e in generale dei friulani, e, dall’altro, utilizzando gli apparati dello Stato, dalle questure, alle prefetture, alle forze armate, per raccogliere precise informazioni su orientamenti politici, comportamenti e perfino su elementi del carattere e sullo stato di salute. Questo permise non soltanto di vagliare le attività dei potenziali oppositori, ma anche di attivare un processo volto a modificare idee, comportamenti e valori. Abbiamo voluto, però, e credo sia questo un elemento di novità, trattare questi temi non presentando valutazioni generali, ma dal punto di vista dell’attività del partito, per capire come abbia cercato di condizionare e corrompere le vite degli italiani, nella convinzione che questo sia uno dei motivi per i quali è anche oggi utile studiare un regime che ha cercato di modificare il modo di pensare della popolazione. […] Il controllo del partito arrivava a raccogliere nelle osterie le espressioni di dissenso e anche le barzellette su Mussolini e sui gerarchi: ogni potenziale area di dissenso era monitorata. L’esame della vita di coloro che chiedevano di iscriversi comportava anche la raccolta di informazioni attraverso i fasci sparsi in tutta Italia e anche all’estero: chi emigrava o rientrava in Italia era sempre seguito dallo “sguardo” del partito. Questo serviva sia a selezionare i fascisti più affidabili, ai quali assegnare posizioni di comando nelle organizzazioni del regime, sia a distribuire posti di lavoro negli enti pubblici e nelle aziende private».
[Foto: folla riunita per il discorso di Benito Mussolini in castello a Udine, settembre 1921]