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Giovedì 28 novembre in via Mercatovecchio a Udine è arrivata la teca con il Quarto Savona 15, l’auto colpita dall’esplosione che a Capaci il 23 maggio 1992 uccise il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
I resti dell’auto, su cui hanno trovato la morte gli uomini della scorta, da alcuni anni viene portata in varie città italiane e la tappa di Udine si inserisce in un percorso di sensibilizzazione per i giovani voluto da Tina Montinaro, sia come impegno nella lotta contro le mafie, sia per invitare i giovani alla cultura del dono.
Quattordici studenti del nostro liceo, appartenenti alle classi quarte, che in primavera realizzeranno il progetto “Sulle orme della legalità. In Sicilia con Addiopizzo”, accompagnati dalla prof.ssa Susi Del Pin, referente del percorso, hanno avuto modo di presenziare alla cerimonia di scopertura della teca e poi si sono recati in Sala Ajace, dove la signora Tina Montinaro, in collegamento da Palermo, ha portato la sua testimonianza agli allievi di alcuni istituti cittadini. La signora Montinaro, che si definisce sempre moglie, non vedova dell’agente morto a Capaci, ha spiegato il suo impegno affinché l’auto, denominata con la sigla che serviva per mettere in contatto i mezzi della polizia, continui a girare. Il mezzo Quarto Savona 15, quindi, non è stato cancellato, come avviene quando un mezzo non può più transitare, ma il suo nome continua e tiene viva la memoria di quegli uomini, contribuendo anche alla formazione delle coscienze di centinaia di persone, in particolare di studenti. Parole toccanti e nello stesso tempo forti e determinate quelle di Tina Montinaro, che ha deciso di rimanere a Palermo assieme ai figli, perché «da questa città non se ne devono andare le persone oneste, ma altri». Ha richiamato gli studenti a pensare con la propria testa, a compiere il proprio dovere di cittadini andando in giro con la testa alta senza inchinarsi per ottenere piaceri o favori, a considerare suo marito e tutti coloro che hanno perso la vita per la giustizia e la legalità non vittime o eroi, ma semplicemente uomini normali che sapevano qual era il loro compito di cittadini e di lavoratori con spirito di servizio.
Largo spazio è stato lasciato alle domande degli studenti e diversi allievi del nostro Liceo, portando anche le richieste dei compagni di classe, hanno reso molto viva la conversazione. In particolare, rispondendo ai nostri ragazzi, la signora Montinaro ha raccontato come il primo figlio solo ora, a distanza di anni, sia in grado di rielaborare il lutto che lo ha colpito quando aveva quattro anni e mezzo. Ad un’altra domanda sugli assassini del marito ha dichiarato di ritenere inaccettabile che dopo trentadue anni non si sia fatta ancora piena luce sugli attentati del 1992 e che nel frattempo alcuni uomini della mafia condannati per quelle stragi abbiano già finito di scontare la pena.
La mattinata è stata resa ancora più toccante e significativa per i nostri allievi dalla presenza in sala Ajace del capitano della Guardia di Finanza, di stanza a Tarvisio, Emanuele Schifani, figlio di Vito Schifani, morto sempre nella strage di Capaci. Il capitano Schifani ha dialogato con i nostri studenti, ricordando come quel padre, che non ha praticamente conosciuto, visto che aveva solo quattro mesi quel 23 maggio 1992 è sempre a suo fianco nella vita. Disponibile e cordiale, si è complimentato con gli allievi per la sensibilità e la profondità dei loro interventi e delle loro osservazioni.